Relazioni

Nell’era dello spazio virtuale chi rischia un vero incontro?

Drogate dallo smartphone le giovani coppie di millenians nascono impreparate alla gestione di eventuali crisi

Ipnotizzati dai loro smartphone i giovani millenials nascono in un mondo che distrae dall’incontro. Protetti dal dominio tecnologico è finalmente possibile essere connessi, senza corpo. La solitudine è annientata e la paura dell’imprevisto addomesticata nello spazio virtuale. Non si può morire, ma forse a ben vedere, nemmeno vivere.

Le novità scorrono sulle bacheche dei social network. Per i dialoghi abbiamo le chat. La sera, anziché il cinema, scomodo e costoso, c’è sempre una nuova serie a intrattenerci. Sembra che la necessità dell’altro venga lentamente sostituita da nuovi feticci. In mancanza di allenamento alla realtà molte coppie nascono impreparate alla gestione della crisi e al riconoscimento della sua utilità.

È vero, ogni incontro è un “cattivo” incontro, direbbe Jacques Lacan, perché ci mette davanti alla differenza. Ci mette davanti a noi stessi. Negli occhi dell’altro possiamo specchiarci, scoprirci fragili e inadeguati. Tuttavia per vivere è necessario rischiare, rischiare di sbagliare, di deludere, di essere delusi. La crescita, il cambiamento, devono passare attraverso la consapevolezza del limite.

Non ci sarà mai un inganno così potente da farci dimenticare il nostro desiderio.

Non sono bastate le magie di Circe a trattenere Ulisse dal suo ritorno verso Itaca. Così è stato per Dante che, perso nella selva oscura, non smette mai di cercare la luce nel volto dell’altro, in Virgilio, in San Bernardo, nella sua Beatrice.

La società dei consumi e della tecnologia ci spinge ad affogare ogni forma di noia, ma essa è una risorsa preziosa. Chiede il nostro movimento. Ci avvicina all’imprevisto e, per un attimo, ci costringe a non avere paura. 

Gli adolescenti di oggi ereditano l’occidente della crisi. Fanno più fatica a mettersi in gioco, a progettare un futuro, a esprimere il loro desiderio. Eppure nulla può dirsi perduto. Come mai i versi di Catullo, scritti più di duemila anni fa, continuano a emozionare chiunque li legga?

Alfred Bion scrisse che la vita umana cerca la verità con la stessa intensità di un corpo assetato che si volge verso l’acqua, e la verità non si scopre mai da soli. La ricerca dell’incontro è scritta dentro di noi. Richiede di essere coltivata.

Dottore in Psicologia. Tirocinante presso Fondazione Lighea Onlus.

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