Attualità

Italiani a rischio di estinzione? Non dipende dal coronavirus

Quando prevale il consumo del qui ed ora si perde la prospettiva di una procreazione responsabile

Nel ricco Occidente si fanno meno bambini che nel resto del mondo. In Europa si fanno meno bambini che nel resto del ricco Occidente. In Italia si fanno meno bambini che nel resto d’Europa.

Il nostro saldo demografico è negativo ormai da alcuni anni: gli Italiani diminuiscono, la popolazione invecchia e, senza l’apporto degli immigrati, il fenomeno è destinato ad aggravarsi.

Si incomincia a percepire l’allarme e si rintracciano le cause della denatalità nella precarietà lavorativa di tanti giovani, nell’alto prezzo delle abitazioni, nella mancanza di servizi per l’infanzia accessibili a tutti.

Giustamente si invocano provvedimenti a sostegno delle famiglie, assolutamente doverosi, tuttavia non credo che i fattori di crisi economica siano sufficienti a spiegare l’attuale situazione.

Nonostante tutto, il benessere raggiunto nelle società occidentali – compresa la nostra – è superiore a quello di qualsiasi precedente epoca storica.

È piuttosto una disposizione mentale diffusa a scoraggiare la scelta di fare figli.

Quando prevale il consumo del qui e ora, come se si dovesse vivere un eterno presente, si tende a perdere la prospettiva del futuro, l’idea che la sola immortalità che ci sia concessa è quella attraverso i figli e i figli dei figli.

La percezione dominante – sganciata da ogni serio esame di realtà – di regressione, ripiegamento, diminuzione delle risorse, ansia, paura indefinita, senso di solitudine è contraria a una procreazione responsabile.

Rimpiangiamo, a torto, il passato perché, in quanto chiuso, definito, esclude l’ansia dell’imprevisto, mentre nel presente siamo chiamati a scelte impegnative, e la scelta inquieta.

Ma una vita che meriti questo nome comporta la capacità di assumersi dei rischi, il gioco delle speranze e, sì, anche delle illusioni, la tensione verso un futuro non ancora scritto, solo immaginato, il gusto dell’imprevisto e della sorpresa.

Un cambio di prospettiva richiede un nuovo discorso culturale che rilanci la tensione verso un futuro le cui incognite dobbiamo abbracciare con coraggio e fiducia.

Una società che mira unicamente a effimeri successi ed esprime scelte di corto respiro si priva della capacità di immaginare e progettare scenari a venire degni di muovere il desiderio e di indurre le persone a impegnarsi per realizzarli. Forse abbiamo di nuovo bisogno di utopia per dire sì a una vita che si infutura attraverso i figli.

Chiudo con un auspicio scherzoso. Come effetto collaterale del virus che ci affligge, forse l’anno prossimo avremo un nuovo baby boom: in quarantena o quasi, senza cinema, teatri, stadi, privati dell’happy hour, non rimane che il sesso.

Psicologo e psicoterapeuta. Fondatore e responsabile scientifico di Fondazione Lighea Onlus.

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