Psiche

In mostra gli amori di plastica che eliminano rischi e delusioni

Una interessante rassegna fotografica documenta le relazioni tra esseri umani (maschi) e bambole antropomorfe

La mostra fotografica  Surrogati: Un amore ideale, in atto presso l’Osservatorio della Fondazione Prada, propone una serie di scatti che documentano relazioni tra esseri umani e bambole antropomorfe.

Un gruppo di immagini illustra il progetto Forever Mothers di Jaimie Diamond, mostrando bambolotti iperrealistici, i reborn, realizzati in silicone o plastica vinilica da artisti (reborner), in maggioranza donne, che li collezionano o li danno in “adozione”.

Un secondo gruppo, appartenente alla serie Still Lovers (Amanti  immobili), ad opera di Elena Dorfman, riguarda figure femminili sintetiche che assolvono la funzione di oggetti erotici.

Siamo al di là dei robots, con i quali divideremo a breve la vita. Questi ultimi, infatti, sono programmati per interagire con gli uomini, per risolvere problemi, per rispondere alle domande dell’interlocutore e, nelle forme futuribili più sofisticate, per creare l’illusione di provare emozioni e sentimenti.

Con le bambole questi rischi non si corrono.

Le bambole sono feticci creati per soddisfare qualsiasi esigenza.

Ce n’è per tutti i gusti: dal bambolotto in fasce pronto per farsi accudire e consolare nella recita di una madre perfetta, a bambole penetrabili che riproducono le fattezze di giovani donne adulte verso le quali indirizzare il desiderio sessuale.

Una profonda differenza le separa tuttavia dai manichini femminili recentemente sequestrati in un club – bordello di Torino, pare molto frequentato: quelli, imitazioni plastificate delle “signorine” delle storiche case chiuse, erano adibiti ad un’unica funzione, soddisfare le esigenze sessuali e le fantasie erotiche dei clienti, queste sono pensate come vere compagne di vita.

Sono tutte giovani, alte, magre, con costole in evidenza, ma seni floridi: il modello estetico è quello della Barbie, assomigliano a donne dai tratti irrigiditi dai troppi interventi di chirurgia plastica.

Le vediamo al fianco del partner che gioca alla playstation, munite dello stesso apparecchio; sedute sul divano, con bottiglia di birra e i resti di un pasto consumato nell’intimità domestica davanti alla televisione accesa, la mano dell’uomo sulla coscia; vicino al compagno al computer; stese nude sul letto con ampia scelta di parrucche a lato, in attesa di venire abbigliate. Qualcuna è in compagnia di figure femminili o addirittura inserita in quadretti familiari: seduta alla tavola della colazione, mentre la padrona di casa legge il giornale, il marito beve il caffè, un ragazzo suona la chitarra, o giocatrice in una simulazione di partita a Scarabeo. 

Le immagini colpiscono proprio per il loro carattere di intimità domestica. Sembra di assistere a momenti di vita familiare quotidiana, ed è precisamente questo che gli umani (in prevalenza uomini, ma non solo)  vogliono mettere in scena: la recita di un’esistenza sognata, con una compagna che non parla, non esprime desideri suoi, docilmente si piega alla parte che i suoi registi scelgono di farle interpretare.

È interessante osservare come non venga documentata l’esistenza di bambole antropomorfe di maschi adulti. Dobbiamo concludere che le donne non hanno altrettanto bisogno di un uomo con cui condividere l’intimità domestica? O che possiedono maggiori capacità immaginative per i loro giochi mentali e non si accontentano di surrogati?

In loro agisce piuttosto il desiderio di essere madri, se non lo sono mai state o non possono esserlo, oppure la nostalgia di quando lo furono a tempo pieno, e vogliono recitare la parte di mamma ideale con un bambino, preferibilmente in fasce, che non piange, non fa capricci, non si ribella, ritorna a essere un’appendice del loro corpo. Il bambino-feticcio le completa meglio dell’uomo-feticcio: hanno scelto di essere madri per sempre.

Il ruolo di bambini o di compagni è spesso assolto, per molti, dagli animali domestici: amati come figli, trattati come amici, come confidenti, come familiari, come amanti. Ma gli animali, per quanto privi di parola, sono comunque esseri vivi, hanno un loro carattere, loro esigenze, una loro personalità… e poi si ammalano, invecchiano, muoiono. 

Le persone, donne e uomini, che hanno scelto la plastica non devono temere il dolore di delusioni, tradimenti, abbandoni, hanno fermato il tempo, eliminato il rischio, esorcizzato la morte, ma i sentimenti che dedicano alle loro bambole-feticcio sono autentici. 

Certo, tutte queste immagini esprimono un desiderio di possesso assoluto, la folle volontà di ridurre l’altro a oggetto, creta plasmabile a proprio piacere, ma rivelano anche qualcosa di drammaticamente patetico: il disperato bisogno di affetto e di amore, l’incapacità di vivere senza qualcuno accanto di cui prendersi cura, al quale dedicare i propri sentimenti e grazie al quale provare emozioni.

Psicologa. Collaboratrice della fondazione Lighea. Dal 1980 si occupa di terapia e riabilitazione di pazienti psichiatrici.

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