Dietro la mia scrivania di direttore avevo appuntato un grande foglio con un titolo ben visibile che io stesso avevo colorato a mano, in modo che destasse l’attenzione di chi entrava: ‘ESPRESSIONI VIETATE’.
Sotto ne erano elencate una trentina, e mi ricordo le più significative: ‘ Ci stiamo pensando’, ‘Sta arrivando’, ‘E’ sotto controllo’, ‘Farò del mio meglio’, ‘E’ quasi pronto’, ‘Glie l’ho detto’, ‘ E’ probabile che’, ‘Normalmente’, ‘Mi ha assicurato’.
Alla lunga la maggior parte dei miei redattori non ci faceva più caso, mentre in genere gli estranei davano un’occhiata senza commentare, e s’intuiva che molti dubitavano delle mie facoltà mentali. In qualche raro caso, se ce n’era tempo mi toccava di spiegare. E non bastavano cinque minuti. Provo a riassumere: “fare un grande settimanale di attualità è molto complesso, non tanto diverso da un quotidiano. Si arriva a dover chiudere, cioè vistare per la stampa fino a 32 pagine ogni giorno e ogni pagina ha un articolo e/o una o più fotografie e uno o più titoli e una o più didascalie, e tutto deve essere scritto, letto e corretto entro l’ora x, tutti i giorni, altrimenti la macchina si inceppa e il giornale non esce, o esce in ritardo, o comunque causa ritardo ad altri.
Tutto deve funzionare nei modi e nei tempi prestabiliti, per consegnare il prodotto a chi poi deve a sua volta rispettare modi e tempi nella stampa e nella distribuzione. Ecco perché ciascun addetto ai lavori dal fattorino all’archivista, dal redattore al direttore generale, devono rispondere ad un compito preciso, più o meno impegnativo ma comunque essenziale per la realizzazione del progetto.
Capisce adesso perché nessuno degli addetti ai lavori, se viene chiamato a dar conto della propria parte, può permettersi una risposta vaga, o demandare la responsabilità ad altri?”
Se il mio settimanale per tanti anni è arrivato puntuale in edicola a milioni di italiani, è merito dell’innumerevole schiera di lavoratori che hanno colto e rispettato il significato e lo spirito di quel cartello. Mi chiedo se non sia il caso di ristamparlo, ad uso di tutti coloro che sono oggi impegnati in un compito certamente più complesso della realizzazione di un giornale, una faccenda che ha a che fare con la vita e la morte di milioni di persone.
Parlo della distribuzione e della somministrazione del vaccino antiCovid, che richiedono una mobilitazione di massa senza uguali nella tradizione sanitaria di alcun Paese.
Operazioni che, come l’uscita puntuale di un giornale, andranno a buon fine solo se tutti gli addetti ai lavori, dagli autisti ai magazzinieri, dai medici di famiglia ai primari faranno coscienziosamente la loro parte. Senza egoismi, senza favoritismi, senza pregiudizi né dogmi, ben consapevoli che ogni piccolo errore, ogni titubanza ogni minima astensione dalle proprie responsabilità può costare la vita a migliaia di persone.
Penso di offrirmi volontario per distribuire quel mio strano cartello nei punti cruciali del sistema sanitario. A cominciare dalla mia regione, dall’’ufficio di quell’assessore che a fine anno spiegava di aver utilizzato solo il 3% delle dosi disponibili in ossequio al riposo festivo dei medici.