Il libero arbitrio è il regalo di un peccato, anzi del peccato, il peccato originale.
Adamo ed Eva se lo sono conquistato e ce lo hanno trasmesso a prezzo della cacciata dall’Eden.
Il libero arbitrio è un dono o la condanna per una colpa da espiare (o forse solo una illusione)?
Sicuramente ci ha regalato il dovere della scelta, con il suo carico di angoscia… e l’inerzia (da non confondersi con l’ignavia) come desiderio.
Dopo secoli di esaltazione del libero arbitrio ci sentiamo in dovere di elogiare l’inerzia, a lungo e forse a torto disprezzata.
Se il segreto della felicità fosse non scegliere affatto, lasciarsi vivere?
Non decidere è un atto liberatorio, di fiducia, di abbandono al flusso della vita. Una forma di saggezza antica.
Quando accettiamo l’inerzia smettiamo di preoccuparci di controllare tutto. Lasciamo che siano le circostanze, il tempo, gli altri a scegliere per noi. E, sorprendentemente, ci accorgiamo che spesso le cose si risolvono meglio di quanto avremmo potuto immaginare. La vita, in fondo, è più intelligente di noi.
L’inerzia ci libera dall’ansia di prestazione e ci permette di abbracciare la vita senza cercare di dominarla. È un ritorno all’essenziale, a un’esistenza più autentica.
Elogiare l’inerzia significa riconoscere il valore del non fare, del non decidere, del lasciare che la vita accada.
Non sempre dobbiamo essere i protagonisti attivi della nostra storia. A volte essere spettatori consapevoli è il ruolo più saggio e felice che possiamo scegliere. Nell’inerzia c’è la pace di chi ha smesso di temere il futuro e ha imparato a vivere nel presente con semplicità e gratitudine.
Non è questo l’insegnamento che ci viene anche dalle filosofie orientali?
Tuttavia, se l’imperturbabilità del saggio che si rifiuta all’agire è espressione di superiore sapienza nel singolo, quando si allarghi a un intero gruppo sociale comporta allentamento dei rapporti di solidarietà propri del vivere associato, arresto di uno sviluppo indirizzato al bene comune, rinuncia all’affermazione di valori condivisi, decrescita (quanto felice?) non solo economica, ma culturale, infine inevitabile decadenza.
La soluzione può essere solo un giusto equilibrio tra le diverse istanze: la necessità di assumersi la responsabilità di decidere senza lasciarsi schiacciare dall’ansia di controllo, felici di abbandonarci all’imprevedibilità del caso.