Lighea

Con i “matti”, per non impazzire: Chef Rubio nella comunità Lighea

Fiori di zucchina, salsa di pomodoro e mozzarella di bufala, una margherita e una bianca, tipo focaccia. Una che sembrava con le pesche ma per fortuna erano pomodorini gialli. Le pizze “pazze” sfornate in una mattinata speciale dagli ospiti di una delle comunità della Fondazione Lighea sono state un successo. Per non parlare degli impasti: alla fine più buoni quelli degli altri presi in panetteria, visto che il tempo di aspettare che lievitassero non c’era. Pizze “pazze”, con gli ingredienti scelti dagli ospiti a gusto e a caso, per una mattinata che non si dimentica, insieme a Chef Rubio, quello della tv. Una mattinata insieme per imparare a fare la pizza come si deve, una delle abitudini delle comunità: una volta a settimana si fa la pizza a casa, una volta a settimana si esce a mangiarla fuori tutti insieme. Perché una delle idee di base della Fondazione è che le case che ospitano persone affette da disagio psichico siano case vere e proprie, in cui ci si organizza per la spesa, si fanno delle cose insieme, si consolidano abitudini.   E si hanno ospiti speciali, a volte. Come uno chef, sì quello coi tatuaggi, proprio uno di quelli della tv, che accetta l’invito subito, incastrandolo tra mille impegni, senza porre condizioni di alcun tipo né chiedere niente. Perché a volte il bello è proprio incontrarsi e conoscersi così, semplicemente, fare quattro chiacchiere mentre si impasta la pizza e si scelgono i condimenti. Che poi, va bene tutto però no dai, la pizza col tartufo un’altra volta! “Bisognerebbe passare più tempo con i cosiddetti ‘matti’, è l’unico modo per non impazzire” Ha detto poi Chef Rubio, che ha promesso di tornare, perché anche a lui la mattinata è piaciuta. Si vede che con i “matti” non si sta poi così male, anzi. Ha promesso di tornare, appena riesce, perché dopo la pizza pare siano nati nuovi bisogni tra gli ospiti: carbonare, amatriciane e piatti asiatici, visto che lo chef viaggia un sacco. Dopo la pizza, bisogna pulire i tavoli, infornare e apparecchiare perché si è fatta l’ora di mangiare. Lo chef scappa, non fa in tempo ad assaggiare perché la sua giornata è piena. Applausi, baci, abbracci, foto, selfie, video e autografi. Torna presto, la prossima volta stai di più, ti aspettiamo! Uno degli ospiti si offre di accompagnarlo giù, il taxi lo aspetta. Una signora, una “vicina di casa”, forse lavora nello studio legale lì accanto, è in attesa anche lei all’ascensore. Quando arriva al piano, lancia uno sguardo furtivo ai due, si infila dentro e veloce schiacchia il tasto. Le porte si chiudono. “Perché non ci ha fatto salire?”, chiede lo chef, un po’ polemico. “Figurati. A noi, questi qua, neanche ci salutano”. Ecco perché serve parlare dei “matti”. Perché una mattinata con Chef Rubio è preziosa. Perché non se ne parla abbastanza. Perché c’è ancora chi si sente a disagio anche solo a salutare. E poi serve perché la pizza era buonissima.

Fiori di zucchina, salsa di pomodoro e mozzarella di bufala, una margherita e una bianca, tipo focaccia. Una che sembrava con le pesche ma per fortuna erano pomodorini gialli. Le pizze “pazze” sfornate in una mattinata speciale dagli ospiti di una delle comunità della Fondazione Lighea sono state un successo. Per non parlare degli impasti: alla fine più buoni quelli degli altri presi in panetteria, visto che il tempo di aspettare che lievitassero non c’era.

Pizze “pazze”, con gli ingredienti scelti dagli ospiti a gusto e a caso, per una mattinata che non si dimentica, insieme a Chef Rubio, quello della tv. Una mattinata insieme per imparare a fare la pizza come si deve, una delle abitudini delle comunità: una volta a settimana si fa la pizza a casa, una volta a settimana si esce a mangiarla fuori tutti insieme. Perché una delle idee di base della Fondazione è che le case che ospitano persone affette da disagio psichico siano case vere e proprie, in cui ci si organizza per la spesa, si fanno delle cose insieme, si consolidano abitudini.

 

E si hanno ospiti speciali, a volte. Come uno chef, sì quello coi tatuaggi, proprio uno di quelli della tv, che accetta l’invito subito, incastrandolo tra mille impegni, senza porre condizioni di alcun tipo né chiedere niente. Perché a volte il bello è proprio incontrarsi e conoscersi così, semplicemente, fare quattro chiacchiere mentre si impasta la pizza e si scelgono i condimenti. Che poi, va bene tutto però no dai, la pizza col tartufo un’altra volta!

“Bisognerebbe passare più tempo con i cosiddetti ‘matti’, è l’unico modo per non impazzire”

Ha detto poi Chef Rubio, che ha promesso di tornare, perché anche a lui la mattinata è piaciuta. Si vede che con i “matti” non si sta poi così male, anzi. Ha promesso di tornare, appena riesce, perché dopo la pizza pare siano nati nuovi bisogni tra gli ospiti: carbonare, amatriciane e piatti asiatici, visto che lo chef viaggia un sacco.

Dopo la pizza, bisogna pulire i tavoli, infornare e apparecchiare perché si è fatta l’ora di mangiare. Lo chef scappa, non fa in tempo ad assaggiare perché la sua giornata è piena. Applausi, baci, abbracci, foto, selfie, video e autografi. Torna presto, la prossima volta stai di più, ti aspettiamo!

Uno degli ospiti si offre di accompagnarlo giù, il taxi lo aspetta. Una signora, una “vicina di casa”, forse lavora nello studio legale lì accanto, è in attesa anche lei all’ascensore. Quando arriva al piano, lancia uno sguardo furtivo ai due, si infila dentro e veloce schiacchia il tasto. Le porte si chiudono. “Perché non ci ha fatto salire?”, chiede lo chef, un po’ polemico. “Figurati. A noi, questi qua, neanche ci salutano”.

Ecco perché serve parlare dei “matti”. Perché una mattinata con Chef Rubio è preziosa. Perché non se ne parla abbastanza. Perché c’è ancora chi si sente a disagio anche solo a salutare.

E poi serve perché la pizza era buonissima.

Giornalista finanziaria e psicologa, insieme alla comprensione dei numeri ritiene imprescindibile quella delle mente umana

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