Psiche

C’è solitudine e solitudine, impariamo a conoscerle

Con la dimensione della solitudine tutti i membri del genere umano devono misurarsi dal momento in cui entrano nell’età adulta come individui liberi, autonomi e responsabili. Altra cosa è la solitudine sociale che affligge il nostro tempo, in cui le relazioni umane sembrano impoverirsi, sempre più sostituite dai rapporti disincarnati offerti dai social

La solitudine può essere una tremenda condanna o una meravigliosa conquista.

(Bernardo Bertolucci)

Essere adulti è essere soli.

(Jean Ronstand)

La più felice di tutte le vite è una solitudine affollata       

 (Voltaire)

Il tema della solitudine, soprattutto giovanile, è oggi di grande attualità. Il discorso risulta particolarmente complesso e si presta a essere indagato da molteplici punti di vista. Come premessa bisogna riconoscere che la solitudine è conquista legata all’età adulta. Si tratta di un passaggio fisiologico nel processo di maturazione della persona. Quando, recidendo i legami con l’autorità genitoriale, un individuo si appropria della sua libertà e della sua identità, e diventa pienamente responsabile delle proprie azioni, in quel momento entra nella dimensione della solitudine e può iniziare il dialogo socratico con sé stesso.

Con questa solitudine esistenziale, comune a tutti i membri del genere umano, dobbiamo misurarci quotidianamente. Essa nutre il nostro pensiero, conferisce dignità alle nostre scelte e al nostro agire, è garanzia del nostro essere liberi, indipendenti e responsabili. Altra cosa è la solitudine sociale propria del nostro tempo. Un tempo in cui, entrata in crisi la famiglia tradizionale, allentatisi i legami parentali, venuti meno molti dei precedenti luoghi di aggregazione di quartiere, le occasioni di incontri e di conoscenze si sono diradate, le relazioni amicali impoverite.

Le amicizie profonde, nutrite dal contatto fisico quotidiano, alimentate da vista, udito, tatto, sono sempre più sostituite dai rapporti disincarnati delle connessioni social. La vaporizzazione dei corpi ha prodotto legami fatti di messaggini di digitalizzazione compulsiva che si rincorrono sul web, in attesa delle vite parallele promesse da una realtà virtuale che dona l’illusione di poter interpretare esistenze alternative.

La superficialità dei rapporti concessi dalla connessione perenne induce perfino ad andare da psicologi e psicoterapeuti per avere qualcuno che ascolti e con cui parlare.

Il covid, con la perdita di quel luogo di aggregazione che l’ambiente scolastico ancora offre, ha in particolare aggravata la situazione di bambini e adolescenti, sempre più dipendenti dal cellulare, mentre le quarantene imposte dal contagio hanno sempre più isolato le persone anziane. D’altra parte, la paura che abbiamo della solitudine ci induce a cercare antidoti discutibili: non sfruttarne le potenzialità, ma occuparla, riempirla. 

Il modo in cui organizziamo il tempo “libero” dei nostri figli è, a questo proposito, rivelatore: un delirio di attività sportive – palestra, calcio, tennis, basket, nuoto, judo, scherma … –  e di corsi di ogni genere – musica, lingue, teatro, yoga… per tralasciare scelte più stravaganti.

Non si tratta certo di cancellare lo sport o attività che corrispondono ad interessi autentici dalla vita di bambini e ragazzi, ma la lottizzazione ossessiva del loro tempo sembra rispondere ad una specie di horror vacui che non lascia margini alla spontaneità.

Io invece sono profondamente convinto che bisogna lasciare spazio alla libertà del tempo vuoto, per il gioco da improvvisare con gli amici, per svaghi non programmati, per riflettere, ricordare, immaginare, fantasticare…e sì, anche annoiarsi. La noia avvia alla coscienza del tempo interno e ci porta a conoscere chi siamo attraverso il colloquio che intratteniamo con noi stessi, per tornare più arricchiti a relazioni sociali significative. Come le pause sono fondamentali per conferire espressione al discorso musicale, l’intreccio di solitudine feconda e di rapporti autenticamente intensi compongono la trama di una vita armoniosa.

Psicologo e psicoterapeuta. Fondatore e responsabile scientifico di Fondazione Lighea Onlus.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *