«La mia è una generazione che ha avuto paura dei genitori e ora ha paura dei propri figli».
La frase ha bisogno di qualche spiegazione.
La generazione alla quale mi riferisco è quella dei nati tra gli ultimi anni ’40 e i primi anni ’50 del secolo scorso, subito dopo la fine della guerra, da genitori ansiosi di riprendersi la loro vita e di dimenticare gli orrori di quel terribile conflitto. Genitori che, educati a obbedire e passati attraverso dure prove, ci hanno trasmesso le loro regole di comportamento e hanno preteso da noi rispetto e obbedienza. Anche se non particolarmente severi, erano però ben consapevoli del loro ruolo e pronti a punire eventuali trasgressioni.
Siamo cresciuti accettando le regole familiari e l’autorità genitoriale, pensando che un giorno avremmo avuto figli altrettanto obbedienti e rispettosi, ma non è andata così.
Certo, è venuto anche per noi il momento della contestazione e della ribellione, ma, dopo l’ubriacatura del ’68, siamo tornati nei ranghi e oggi ci troviamo a obbedire ai nostri figli, educati all’insegna della libertà, dell’indulgenza, delle tante concessioni, figli che a loro modo ci amano, ma sicuramente non ci temono. Siamo piuttosto noi che abbiamo paura delle loro reazioni.
No, nessun allarme, non alludo a potenziali assassini, quali la cronaca nera ci ha talvolta descritto. Questi sono killer dolcissimi.
Ci vedono un po’ acciaccati, ci considerano poco esperti dell’uso del web e dei social,
si convincono che abbiamo bisogno di protezione e pensano sia loro dovere offrirci tutela.
Decisi a renderci immortali, insistono perché ci sottoponiamo ad assidui esami medici e pretendono di imporci stili di vita “sani”. Particolarmente attenti ai valori di pressione e colesterolo, sono inflessibili nel prescrivere: niente sale, niente grassi, niente burro, niente dolci… I salutisti più irriducibili attuano ispezioni a sorpresa del frigorifero e guai se non è tutto rigorosamente bio.
Molti genitori come me, tra i sessanta e i settant’anni (e più), godono di una salute relativamente buona, spesso amano una cucina saporita (male!), alcuni fumano perfino qualche sigaretta (orrore!). Difendere queste innocenti depravazioni senili non è semplice: se non si vuole perdersi in discussioni che possono sfociare in veri e propri dissidi, conviene negare ogni addebito. Tra gli amici scatta il passaparola: «Ti prego, se vedi mio figlio, non dirgli che ho mangiato lo zampone»; «Se per caso parli con mia figlia, non ti scappi detto che per aperitivo beviamo Negroni»; «Ricordati, non mi hai visto comperare Sacher e Coca Cola».
In conclusione usiamo per difenderci dall’amore dei nostri ragazzi la bugia, la stessa arma cui ricorrevamo da ragazzi per arginare l’autoritarismo dei nostri genitori.