Apro il libro a caso e trovo quell’ineffabile nevrotico di Zeno, uscito dalla penna di Italo Svevo, impegnato nel quotidiano tentativo di smettere di fumare, con tutte le sue nevrosi che lo proteggono dalle durezze della vita. Come non riconoscersi nelle sue strategie di raffinato ipocondriaco? Giro le pagine, un po’ a caso: ecco “l’Alda”, con la sua inesausta sete di amore e l’infinita gioia di vivere, comunque vada. Ancora, sfoglio e incontro il grande Galileo in versione astrologo, che rilascia oroscopi a pagamento e Ferdinando Pessoa, che con i suoi eteronimi avrebbe fatto felice Pirandello, modello esemplare di personalità multipla. Se vado avanti, mi imbatto in Nikola Tesla, con la sua ossessione per il numero 3; in Oskar Kokoschka, l’amante folle che vive con una bambola che ha le fattezze della donna perduta, docile oggetto della sua selvaggia passione…
La pazzia è trasversale: presente in tutte le epoche, coinvolge democraticamente aristocratici e plebei, potenti e umili, ricchi e poveri, contemplativi e uomini d’azione, fortunati e sventurati.
Il libro è l’AlmaMatto, testo corale dei collaboratori della Fondazione Lighea e di alcuni amici giornalisti, che propone, al posto del santo, il matto del giorno, includendo nella categoria anche personaggi insospettabili, scrittori e poeti estrosi e bizzarri, artisti tormentati, scienziati stravaganti, visionari in anticipo sui tempi, geni incompresi, individui celebri preda di fobie e nevrosi, oltre ad alcune figure letterarie che esemplificano altrettante tipologie di disturbi psichici.
Grandi uomini e grandi donne, protagonisti della storia della cultura, ne sono stati abbondantemente forniti, alcuni, veri “mostri sacri”, visti nella loro fragilità, ci appaiono molto più vicini e certamente più simpatici. Nell’AlmaMatto ognuno può trovare figure affini, che parlano la lingua delle sue debolezze, sorelle delle sue fragilità. E riflettere su quanto di pazzia c’è in ognuno di noi.
Li ho letti tutti e 365 + 1, i “matti” dell’AlmaMatto, oltre ad averne scritti molti. Posso dire, senza esagerare, che in ognuno di loro ho ritrovato un po’ di me.